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l rapporto Goldstone delle Nazioni Unite- la missione di fact finding sul conflitto a Gaza


Il 13 aprile del 2009 il presidente della Commissione Diritti Umani fonda la Missione di Fact Finding delle Nazioni Unite per il conflitto di Gaza. Il mandato e': "indagare tutte le violazioni dei diritti umani e del diritti umanitario internazionale che possono essere state commesse in qualunque frangente delle operazioni militari condotte a Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009. Siano queste violazioni avvenute prima, durante e dopo...

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l rapporto Goldstone delle Nazioni Unite- la missione di fact finding sul conflitto a Gaza

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4 ottobre 2009

Per la versione integrale del rapporto clicca qui

A. Introduzione

1. Il 13 aprile del 2009 il presidente della Commissione Diritti Umani fonda la Missione di Fact Finding delle Nazioni Unite per il conflitto di Gaza. Il mandato e': "indagare tutte le violazioni dei diritti umani e del diritti umanitario internazionale che possono essere state commesse in qualunque frangente delle operazioni militari condotte a Gaza tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009. Siano queste violazioni avvenute prima, durante e dopo.

2. Il Presidente nomina a capo della missione Richard Goldstone, ex giudice della Corte Costituzionale del Sud Africa e ex Pubblico Ministero al Tribunale Penale Internazionale per l'Ex Jugoslavia e il Rwanda. Gli altri tre membri ad essere nominati sono: la Professoressa Christine Chinkin, docente di Diritto Internazionale alla London School of Economics and Political Science, che è stata membro della commissione di fact finding a Beit Hanoun nel 2008; Hina Jilani, avvocato della Corte Suprema del Pakistan e già Speciale Rappresentante del Segretario Generale sulla situazione dei diritti umani, membro della commissione d'inchiesta in Darfur nel 2004. E poi il Colonnello Desmond Travers, ex ufficiale delle Forze di Difesa Irlandesi e membro del consiglio di amministrazione dell'Istituto per le indagini sui crimini internazionali.

3. Come da pratica abituale l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stabilito una segreteria di supporto alla Missione.

4. La missione ha messo in pratica il mandato richiestole in modo da mettere le popolazioni civili della regione al centro delle sue preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda le violazioni del diritto internazionale.

5. La missione si e' riunita per la prima volta a Ginevra tra il 4 e l'8 maggio 2009. Inoltre si e' incontrata a Ginevra il 20 maggio, il 4 e 5 luglio, e tra l'1 e il 4 agosto 2009. La missione ha condotto 3 visite sul campo: due nella Striscia di Gaza tra il 30 maggio e il 6 giugno e tra il 25 giugno e il 5 luglio. Inoltre una visita ad Amman il 2 e 3 luglio. Molti membri della segretaria della Missione erano impegnati a Gaza tra il 22 maggio e il 4 giugno per effettuare indagini sul territorio.

6. Alcune note verbali sono state inviate a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite e agli organi delle Nazioni Unite il 7 maggio 2009/ L'8 giugno del 2009 la missione ha contattato tutte le persone interessate e le organizzazioni in possesso di informazioni rilievanti a inviarle e a aiutare nella documentazione, in modo da essere assistitia nell'implementazione del suo mandato.

7. Audizioni pubbliche sono state effettuate a Gaza il 28 e 29 giugno e a Ginevra il 6 e 7 luglio 2009.

8. La Missione ha ripetutamente cercato di ottenere la cooperazione del Governo di Israele, ma dopo numerosi tentativi falliti si è rivolta al Governo dell'Egitto per accedere alla striscia di Gaza attraverso il valico di Rafah.

9. La Missione ha goduto del supporto e della cooperazione dell'Autorita' Nazionale Palestinese e dell'Osservatore Permanente per la Palestina alle Nazioni Unite. A causa della mancanza di cooperazione da parte del Governo Israeliano la Missione non ha potuto incontrare membri dell'Autorita' Palestinese in Cisgiordania. La Missione ha comunque fatto in modo di incontrare ufficiali dell'Autorita' Palestinese, incluso un Ministro, ad Amman. Durante la sua visita nella Striscia di Gaza la Missione ha tenuto delle riunioni con i membri delle autorita' di Gaza e loro hanno offerto la massima cooperazione e il massimo supporto alla Missione.

10. A causa delle audizioni pubbliche di Ginevra la Missione e' stata informata che il partecipante palestinese, Muhammad Srour, e' stato detenuto dalle forze di sicurezza israeliane mentre ritornava in Cisgiordania e e' nato il timore che la detenzione dell'uomo potesse avere conseguenze per la sua apparizione di fronte alla Missione. La Missione è in contatto con lui e continua a monitorare gli sviluppi della situazione.

B. Metodologia

11. Per mettere in pratica il suo mandato la Missione ha ritenuto che fosse importante prendere in conisderazione tutte le azioni commesse da tutte le parti in cause che avrebbero potuto commettere violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. Il mandato inoltre richiedeva una revisione delle azioni in tutti i Territori Occupati Palestinesi e in Israele.

12. Con attenzione agli obiettivi temporali la Missione ha deciso di concentrarsi primariamente sugli eventi, le azioni e le circostanze sviluppatesi dal 19 gennaio 2008, quando il "cessate il fuoco" fu concordato tra il Governo di Israele e Hamas. La Missione ha inoltre tenuto in considerazione le questioni sviluppatesi dopo la fine delle operazioni militari che costituiscono continue violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, e che sono conseguenza delle operazioni militari, fino al 31 luglio 2009.

13. La Missione ha analizzato il contesto storico degli eventi che hanno portato alle operazioni militari a casa nel periodo tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009 e i collegamenti tra queste operazioni e le politiche dominanti nei Territori Palestinesi Occupati.

14. La Missione ha considerato che il riferimento, nel suo mandato, alle violazioni commesse nel contesto delle operazioni militari di dicembre e gennaio, richiedeva la presa in considerazione delle restrizioni dei diritti umani e delle liberta' fondamentali connesse alle strategie ed azioni israeliane nel contesto delle operazioni militari.

15. Il contesto normativo di riferimento per la Missione e' stato il diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite, il diritto umanitario internazionale, i diritti umani internazionali e il diritto penale internazionale.

16. Questo rapporto non mira ad essere esaustivo rispetto all'altissimo numero di incidenti rilevanti che sono occorsi nel periodo coperto dal mandato della Missione. In ogni caso la Missione considera il rapporto significativo nell'illustrare i maggiori modelli di violazioni. A Gaza la Missione ha indagato su 36 incidenti.

17. La Missione ha basato il suo lavoro su un'analisi imparziale e indipendente delle azioni delle parti con i loro obblighi di diritto umani internazionali e diritto umanitario, nello scenario del recente conflitto a Gaza. Sono stati inoltre applicati gli standard investigativi sviluppati dalle Nazioni Unite.

18. La Missione ha adottato un approccio comprensivo nella raccolta di informazioni e nella ricerca dei punti di vista. I metodi di raccolta delle informazioni hanno incluso: a) la revisione dei rapporti di diverse fonti; b) interviste con vittime, testimoni oculari e altre persone che avessero informazioni rilevanti; c) visite a siti specifici di Gaza, luogo di incidenti; d) analisi di materiali video e fotografici, incluse le immagini satellitari; e) revisione di rapporti medici riguardanti le ferite riportate dalle vittime; f) analisi in termini giudiziari delle armi e delle munizioni raccolte sui luoghi degli incidenti; g) incontri con interlocutori di diverso tipo; h) inviti al provvedimento di diverse informazioni relative ai diversi ambiti di investigazione della Missione; i) ampia distribuzione di un appello a procurare testimonianze scritte; j) audizioni pubbliche a Gaza e a Ginevra;

19. La Missione ha condotto 188 interviste individuali Ha rivisto piu' di 300 rapporti, dichiarazioni scritte e ogni altra documentazione sia frutto di ricerche partite dalla Missione stessa, sia ricevute in risposta all'appello, sia presentate durante le riunioni. In totale sono state visionate piu' di 10,000 pagine, piu' di 30 video e 1,200 fotografie.

20. Attraverso il rifiuto di cooperare con la Missione il Governo di Israele ha impedito gli incontri con esponenti ufficiali del Governo Israeliano e ha impedito di viaggiare in Israele al fine di incontrare vittime israeliane e di raggiungere la Cisgiodania per incontrare rappresentanti dell'Autorità Palestinese e vittime palestinesi.

21. La Missione ha condotto visite sul campo, incluse indagini sui luoghi degli incidenti nella Striscia di Gaza. Questo ha permesso alla Missione di osservare di persona la situazione e parlare con testimoni oculari e altre persone significative.

22. L'obiettivo delle audizioni pubbliche, che sono state trasmesse dal vivo, era quello di permettere alle vittime, ai testimoni e agli esperti di tutte le parti in cause nel conflitto di parlare direttamente al maggior numero possibile di persone sia nella regione che di fronte alla comunità internazionale. La Missione ha dato priorità di partecipazione alle vittime e alle persone delle comunità direttamente coinvolte. Le 38 testimonianze pubbliche hanno fatto riferimento sia ad aspetti legali sia a questioni militari. La Missione aveva inizialmente intenzione di tenere le audizioni a Gaza, in Israele e in Cisgiordania. Di fatto l'ingresso negato in Israele e in Cisgiordania ha causato la decisione di ascoltare le persone provenienti da Israele e dalla Cisgiordania a Ginevra.

23. Nello stabilire le valutazioni fattuali finali la Missione ha cercato di affidarsi principalmente e ogni volta fosse possibile sulle informazioni di prima mano. Le informazioni prodotte da altri, inclusi i rapporti, le dichiarazioni scritte e i rapporti dei media, sono state usate come rafforzamenti.

24. Le conclusioni finali della Missione sull'affidabilita' delle informazioni ricevute sono state fatte basandosi sulla credibilità dei testimoni ascoltati, verificando le fonti e le metodologie utilizzate per la compilazione dei rapporti e dei documenti prodotti da altri, effettuando controlli incrociati sui materiali e le informazioni rilevanti e assicurandosi se, in tutte le circostanze, ci fosse un quantitativo sufficiente di informazioni per una ricerca fattuale credibile e affidabile da parte della Missione.

25. Su queste basi la Missione ha, al meglio delle sue possibilita', determinato lo svolgersi dei fatti. In molti casi ha appurato che sono state commesse azioni definibili come responsabilita' criminali individuali. In tutti i casi la Missione ha trovato sufficienti informazioni per stabilire gli elementi oggettivi dei crimini in questione. In quasi tutti i casi la Missione è stata anche in grado di determinare se fosse chiaro o meno che le azioni fossero commesse deliberatamente o incoscinentemente, nella convizione che il risultato sarebbe stato un naturale susseguirsi di eventi. La Missione ha, di conseguenza, in molti casi individuato un rilevante elemento di colpa (mens rea). La Missione ha pienamente tenuto in considerazione la presunzione di innocenza: gli elementi fattuali del rapporto non sovvertono mai questo principio. La ricerca fattuale non ha cercato nè di identificare gli individui responsabili dei fatti commessi nè ha la pretesa di raggiungere lo standard probatorio da applicarsi in un eventuale processo.

26. Per poter garantire alle parti la possibilita' di aggiungere informazioni rilevanti ed esprimere le proprie posizioni in merito ai fatti in questione la Missione ha sottoposto una lista di domande al Governo di Israele, all'Autorita' Palestinese e alle autorita' di Gaza, in modo da poter completare la sua analisi e la ricerca di fatti. La Missione ha ricevuto risposta dall'Autorità Palestinese e dalle autorità di Gaza, ma non da Israele.

C. Fatti analizzati dalla Missione, ricerche fattuali e legali: I Territori Palestinesi Occupati: la Striscia di Gaza.

1. L'embargo

27. La missione si e' concentrate (Capitolo V) sul processo di isolamento economico e politico imposto da Israele alla Striscia di Gaza, genericamente inteso con il termine "embargo". L'embargo comprende misure come la limitazione ai beni che possono essere importati a Gaza e le chiusure dei confini per persone, beni e servizi, alcune volte per giorni, includento il taglio degli approvigionamenti di acqua ed elettricità. L'economia di Gaza e' stata severamente colpita dalle riduzioni delle aree di pesca per i pescatori palestinesi e dalla creazione della "zona cuscinetto" sul confine tra Gaza e Israele, che ha ridotto la porzione di terra disponibile per le attività agricole e industriali. Oltre a creare una situazione di emergenza l'embargo ha significativamente indebolito le capacita' della popolazione e dei settori sanitario, pubblico e idrico per reagire all'emergenza creata dalle operazioni militari.

28. La Missione mantiene la convinzione che Israele sia vincolato dalla Quarta Convenzione di Ginevra e debba assicurare un adeguato rifornimento di cibo, attrezzature sanitarie e strumenti utili ad andare incontro ai bisogni umanitari della popolazione della Striscia di Gaza indipendentemente dalle qualifiche.

2. Sguardo d'insieme sulle operazioni militari di Israele sulla Striscia di Gaza e sulle vittime.

29.Israele nell'operazione denominata "Piombo Fuso" ha schierato marina, aereonautica ed esercito. Le operazioni militari nella Striscia di Gaza includevano due fasi principali, la fase aerea e a fase terra- aria, che sono durate dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009. L'offensiva israeliana è cominciata con un attaccao aereo di una settimana, dal 27 dicembre al 3 gennaio. L'aereonautica ha continuat a giocare un ruolo fondamentale assistendo e coprendo le forze di terra dal 3 al 18 gennaio 2009. L'esercito è stato responsabile dell'invasione di terra, iniziata il 3 gennaio 2009, quando le truppe sono entrate a Gaza da nord e da est. Le informazioni disponibili indicano che ad essere coinvolte sono state le brigate Golani, Givati e i Paracadutisti e cinque brigate di corpi blindati. La marina è stata usata per bombardare le coste di Gaza durante le operazioni.

Il VI Capitolo localizza gli incidenti indagati dalla Missione, i quali sono descritti nei capitoli dal VII al XV nel relativo contesto di operazioni militari.

30. Statistiche riguardanti i palestinesi che hanno perso la vita durante le varie operazioni militari. Secondo estese ricerche sul campo e le organizzazioni non governative il dato relativo alle persone uccise si colloca tra le 1,387 e le 1,417. Le autorità di Gaza riportano 1,444 morti. Il Governo di Israele fornisce un dato di 1,166. Il dato fornito dalle fonti non governative relatio alla percentuale di civili usccisi è generalmente piuttosto consistente e aumenta la preoccupazione riguardo il modo in cui Israele ha condotto le operazioni militari a Gaza.

31. Secondo il Governo di Israele durante le operazioni militari ci sono stati 4 morti israeliani nel sud di Israele, di cui 3 civili e un soldato, uccisi da razzi e colpi di mortaio dei gruppi armati palestinesi. Inoltre 9 soldati sono stati uccisi durante i combattimenti all'interno della Striscia di Gaza, 4 dei quali a causa del fuoco amico.

3. Attacchi da parte dell’esercito israeliano a edifici governativi e al personale delle autorità di Gaza, polizia inclusa

32. Le forze armate israeliane hanno lanciato numerosi attacchi contro edifici e personale governativi di Gaza. Per quanto concerne gli edifici, la Missione ha esaminato gli attacchi israeliani al Consiglio Legislativo Palestinese e alla principale prigione di Gaza (Capitolo VIII). Il grado di distruzione di tali edifici è grave a tal punto da impedirne il riutilizzo. Dichiarazioni rilasciate dal governo israeliano e dalle forze armate giustificano gli attacchi sostenendo che le istituzioni politiche ed amministrative di Gaza fanno parte dell’ "infrastruttura terroristica di Hamas". La Missione rifiuta questa posizione. Non esiste nessuna prova che il Consiglio Legislativo e la principale prigione di Gaza abbiano dato un contributo effettivo all’azione militare. In base alle informazioni a disposizione, la Missione ritiene che gli attacchi a questi edifici siano stati un deliberato attacco contro obiettivi civili, in violazione della legge internazionale del diritto umano secondo la quale gli attacchi devono essere strettamente limitati ad obiettivi militari. Questi dati di fatto provano ulteriormente l’estensiva distruzione di proprietà, non giustificata da necessità militari e praticata illegalmente e promiscuamente.

33. La Missione ha esaminato gli attacchi contro sei stazioni di polizia, quattro dei quali sono avvenuti entro i primi minuti delle operazioni militari del 27 dicembre 2008, causando la morte di 99 poliziotti e di nove impiegati pubblici. In totale l’esercito israeliano ha ucciso circa 240 poliziotti, corrispondenti a più di un sesto delle morti palestinesi. Le attenuanti degli attacchi contenute nel report sulle operazioni militari presentato dal governo israeliano nel luglio 2009 chiarificano che i poliziotti sono stati deliberatamente scelti come obiettivo ed uccisi perché la polizia in quanto istituzione o gran parte dei poliziotti in quanto individui sono considerati parte delle forze militari palestinesi di Gaza.

34. Per esaminare se gli attacchi contro la polizia fossero compatibili con il principio di distinzione tra obiettivi civili e militari e persone, la Missione ha analizzato lo sviluppo istituzionale della polizia di Gaza a partire dal momento in cui Hamas prese completo controllo nel luglio 2007, ovvero quando la polizia di Gaza si fuse con le "Forze esecutive" che Hamas creò dopo la vittoria elettorale. La Missione ha riscontrato che, se un vasto numero di poliziotti di Gaza è stato reclutato tra i sostenitori di Hamas o tra i membri di gruppi armati palestinesi, la polizia di Gaza è rimasta un’agenzia civile per il rafforzamento della legge. La Missione ha inoltre concluso che non sia possibile sostenere che i poliziotti uccisi il 27 dicembre 2008 avessero preso direttamente parte alle ostilità; essi non hanno dunque perso l’immunità civile dagli attacchi diretti, in quanto sono considerati civili. La Missione accetta che ci possano essere stati membri individuali appartenenti alla polizia di Gaza che erano al contempo membri dei gruppi armati palestinesi e dunque combattenti. Conclude tuttavia che gli attacchi alle stazioni di polizia durante il primo giorno delle operazioni militari non abbiano un bilancio effettivo tra l’anticipato vantaggio militare diretto (ovvero l’uccisione di quei poliziotti che potevano essere membri di gruppi armati palestinesi) e la perdita di vite civili (ovvero quei poliziotti dipendenti pubblici uccisi che sarebbero stati inevitabilmente presenti o nelle vicinanze degli attacchi). Di conseguenza, è stato violato il diritto umano internazionale.

4. Obbligo dei gruppi armati palestinesi di Gaza di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione ed i beni civili

35. La Missione ha esaminato se e in quale misura i gruppi armati palestinesi abbiano violato l’ obbligo di proteggere e prendere le dovute precauzioni atte a salvaguardare la popolazione civile di Gaza dai pericoli derivanti dalle operazioni militari (Capitolo VIII). La Missione ha riscontrato una certa riluttanza da parte delle persone intervistate a Gaza nel discutere le attività dei gruppi armati. In base alle informazioni raccolte, la Missione ha comunque riscontrato che durante le operazioni militari i gruppi armati palestinesi erano presenti nelle aree urbane ed hanno lanciato razzi da tali zone. Probabilmente i combattenti palestinesi non si sono sempre adeguatamente distinti dalla popolazione civile. La Missione non ha tuttavia trovato alcuna prova che suggerisse che i gruppi armati palestinesi direzionassero i civili verso le aree sotto attacco o obbligassero i civili a rimanere entro le vicinanze degli attacchi.

36. Sebbene in base alle situazioni investigate dalla Missione non si possa stabilire che le moschee fossero usate per fini militari o per nascondere attività militari, la Missione non può tuttavia escludere che ciò sia accaduto in alcuni casi. La Missione non ha trovato nessuna prova che sostenesse l’accusa di utilizzo di mezzi ospedalieri da parte delle autorità di Gaza o dei gruppi armati palestinesi per fare da scudo alle attività militari e di ambulanze per il trasporto di combattenti o per fini militari simili. Sulla base dell’inchiesta svolta e delle dichiarazioni di ufficiali delle Nazioni Unite, la Missione esclude che i combattenti palestinesi abbiano utilizzato mezzi dell’ONU come scudo durante le azioni militari. La Missione non può tuttavia ignorare la possibilità che i gruppi armati palestinesi fossero attivi nelle vicinanze di tali strutture ospedaliere o delle Nazioni Unite. Dirigere le ostilità verso zone abitate non costituisce di per sé una violazione del diritto internazionale, inoltre i gruppi armati palestinesi non hanno necessariamente esposto la popolazione civile di Gaza al pericolo quando hanno lanciato attacchi nelle vicinanze di edifici civili o protetti.

5. Obbligo di Israele di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione ed i beni civili di Gaza

37. La Missione ha esaminato come le forze israeliane non si siano attenute all’obbligo di prendere adeguate precauzioni atte a proteggere la popolazione civile di Gaza, incluso in modo particolare l’obbligo di lanciare un allarme precauzionale degli attacchi (Capitolo IX). La Missione è a conoscenza degli sforzi significativi fatti da Israele per effettuare avvertimenti attraverso chiamate telefoniche, volantini e appelli radio e riconosce che in alcuni casi, specialmente in quelli di particolare specificità degli avvertimenti, essi abbiano incoraggiato i residenti ad abbandonare l’area e allontanarsi dalla zona di pericolo. Tuttavia, la Missione ha parimenti rilevato fattori che hanno minacciato significativamente l’efficacia degli allarmi lanciati. Questi fattori includono la mancanza di specificità e quindi di credibilità di tanti messaggi telefonici preregistrati e di volantini. La credibilità delle direttive atte a far spostare i civili verso i centri delle città è stata ulteriormente compromessa dal fatto che gli stessi centri fossero oggetto di ripetuti attacchi durante la fase di attacco aereo delle operazioni militari. La Missione ha anche esaminato la pratica del lancio di esplosivi luminosi sui tetti ed ha concluso che suddetta tecnica non possa essere considerata effettiva in termini di lancio di allarme, ma costituisce piuttosto una forma di attacco contro i civili residenti negli edifici obiettivo di tali esplosivi. In conclusione, la Missione evidenzia che il fatto che un allarme venga lanciato non solleva un comandante e i suoi subordinati dal compito di prendere tutte le misure precauzionali possibili per distinguere i civili dai combattenti.

38. La Missione ha anche esaminato le precauzioni prese dall’esercito israeliano durante tre attacchi specifici. Nel 15 gennaio 2009 il compound dell’UNRWA a Gaza City è stato bombardato con munizioni ad alto contenuto di esplosivo e con il fosforo bianco. La Missione evidenzia l’estremo grado di pericolosità dell’attacco, in quanto il compound era rifugio di 600-700 civili e conteneva un significativo deposito di carburante. L’esercito israeliano ha continuato l’attacco per più ore nonostante fosse stato avvisato dei rischi esistenti. La Missione conclude che l’esercito israeliano ha violato l’obbligo sancito dal diritto internazionale di prendere tutte le precauzioni possibili nella scelta dei mezzi e delle tecniche di attacco, con particolare attenzione ad evitare qualsiasi perdita incidentale di vite civili, feriti e danni a beni civili.

39. La missione ha inoltre analizzato l’attacco diretto ed intenzionale, avvenuto nello stesso giorno, all’ospedale Al-Quds di Gaza City e all’adiacente deposito di ambulanze, effettuato con granate al fosforo. L’attacco ha provocato incendi che hanno richiesto un intero giorno per la loro estinzione ed ha diffuso panico tra i malati e i feriti, che sono stati evacuati. La Missione ha riscontrato che non è stato lanciato nessun allarme di immediato attacco. Sulla base della propria inchiesta, la Missione respinge l’accusa secondo cui il fuoco è stato lanciato dall’interno dell’ospedale verso l’esercito israeliano.

40. La Missione ha inoltre esaminato i ripetuti attacchi, ancora una volta effettuati con l’uso di munizioni al fosforo, contro l’ospedale Al Wafa situato nella zona est di Gaza City, che accoglie pazienti bisognosi di cure a lungo termine e feriti particolarmente gravi. In base alle informazioni raccolte, la Missione ha riscontrato in entrambi gli attacchi contro le strutture ospedaliere la violazione del divieto ad attaccare ospedali civili. La Missione ha anche sottolineato che l’allarme dato attraverso volantini e messaggi telefonici preregistrati nel caso dell’attacco all’ospedale Al Wafa ha dimostrato la totale inefficacia di alcuni tipi di avvertimenti, generici e abituali.

6. Attacchi indiscriminati da parte dell’esercito israeliano che hanno provocato la morte o il ferimento di civili

41. la Missione ha esaminato il bombardamento a Jabalya dell’incrocio vicino alla scuola dell’UNRWA, al tempo utilizzata come rifugio per più di 1.300 persone (Capitolo X). L’esercito israeliano ha lanciato almeno quattro granate. Una è atterrata nel giardino della casa di una famiglia, uccidendo undici persone riunite lì. Le altre tre sono atterrate su al-Fakhura Street, uccidendo almeno altre ventiquattro persone e ferendone quaranta. La Missione ha esaminato in dettaglio le dichiarazioni dei rappresentanti del governo israeliano secondo cui gli attacchi furono lanciati in risposta ad un attacco da parte di un gruppo armato palestinese. Se la Missione non esclude che questo possa essere vero, considera comunque la credibilità della posizione israeliana danneggiata da tutta una serie di incongruenze, contraddizioni e imprecisioni riscontrati nelle argomentazioni giustificanti l’attacco.

42. Nello stilare le conclusioni legali riguardo l’attacco contro l’incrocio al-Fakhoura, la Missione riconosce che per quanto riguarda le decisioni circa la proporzionalità delle armi usate, soppesando la necessità di raggiungere il vantaggio militare e il rischio di uccidere civili, in alcuni casi ci siano autentici dilemmi. La Missione non crede tuttavia che ce ne siano in questo caso. Il lancio di almeno quattro granate per riuscire ad uccidere un basso numero di specifici individui in un contesto in cui era presente un ampio numero di civili impegnati in attività quotidiane e nelle cui vicinanze trovavano rifugio 1.368 persone, non può essere considerato un’azione militare in cui il numero di civili a rischio venga giustificato dall’acquisizione di vantaggio militare. La Missione ritiene perciò che l’attacco sia stato indiscriminato e abbia violato il diritto internazionale ed il diritto alla vita dei palestinesi civili uccisi durante l’attacco.

7. Deliberati attacchi contro la popolazione civile

La Missione ha investigato undici episodi in cui l’esercito israeliano ha lanciato attacchi diretti contro i civili con conseguenze letali (Capitolo XI). I casi esaminati in questa parte del report sono, con una sola eccezione, tutti casi in cui i fatti non indicano alcun obiettivo militare che possa giustificare gli attacchi. I primi due episodi riguardano attacchi contro case situate nel quartiere Samouni a sud di Gaza City, incluso il bombardamento di una casa in cui civili palestinesi si erano radunati a seguito di un ordine da parte dell’esercito israeliano. I successivi sette casi riguardano l’uccisione di civili che stavano abbandonando le proprie case per spostarsi verso luoghi più sicuri, mostrando bandiera bianca e, in alcuni casi, eseguendo gli ordini dello stesso esercito israeliano. I dati raccolti dalla Missione indicano che tutti gli attacchi sono avvenuti in momenti in cui l’esercito israeliano aveva pieno controllo dell’area ed era precedentemente entrato in contatto con o aveva almeno osservato le persone che ha poi attaccato, ed era dunque consapevole del loro status di civili. Nella maggior parte dei casi presi in analisi le conseguenze degli attacchi israeliani contro i civili sono state aggravate dal seguente rifiuto di permettere l’evacuazione dei feriti o di permettere l’accesso alle ambulanze.

44. Questi episodi indicano che le direttive date all’esercito israeliano a Gaza prevedevano una bassa soglia per l’uso di fuoco letale contro la popolazione civile. La Missione ha riscontrato molteplici conferme di ciò, emerse dall’inchiesta sulle testimonianze dei soldati israeliani raccolte nelle due pubblicazioni esaminate.

45. La Missione ha inoltre esaminato un episodio in cui, durante la preghiera della prima serata, un missile ha colpito una moschea provocando la morte di quindici persone, mentre un attacco con munizioni flechette sparato contro una folla riunita in una veglia funebre ne ha uccise cinque. La Missione ritiene che entrambi gli episodi costituiscano un attacco intenzionale alla popolazione e ad obiettivi civili.

46. In base ai fatti accertati in entrambi i suddetti casi la Missione ritiene che la condotta dell’esercito israeliano rappresenti una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, secondo cui la volontaria uccisione e la volontaria provocazione di sofferenza a danno di persone protette e simili comportano responsabilità criminali individuali. Ritiene inoltre che stabilire come diretto obiettivo e uccidere arbitrariamente civili palestinesi sia una violazione del diritto alla vita.

47. L’ultimo episodio riguarda il lancio di una bomba contro una casa che ha provocato l’uccisione di ventidue familiari. La posizione di Israele rispetto a questo caso è che si è trattato di un "errore di operazione" e che il reale obiettivo era in realtà una casa vicina, utilizzata come deposito di armi. Sulla base dell’inchiesta svolta, la Missione esprime dubbi significativi circa la versione dell’accaduto data dalle autorità israeliane. La Missione conclude che, nel caso in cui fosse stato commesso un errore, l’attacco non potrebbe essere definito un caso di uccisione volontaria. Tuttavia, rimane la responsabilità di stato di Israele di aver commesso un atto ingiusto a livello internazionale.

8. Uso di un certo tipo di armi

48. In base all’inchiesta svolta, per quanto riguarda l’uso di alcuni tipi di armi come il fosforo bianco e i missili flechette, se da una parte la Missione accetta che a questo stadio il fosforo bianco non sia proibito dalla legge internazionale, dall’altra ritiene che le forze armate israeliane siano state sistematicamente incoscienti nell’utilizzarlo durante gli attacchi alle zone abitate. Inoltre, i dottori che hanno trattato i pazienti feriti dal fosforo bianco hanno rimarcato la gravità e a volte l’incurabilità delle bruciature provocate da questa sostanza. La Missione crede perciò che sia necessario prendere seriamente in considerazione la messa al bando dell’uso del fosforo bianco in aree urbane. Per quanto riguarda i missili flechettes, la Missione sottolinea che sono un’arma incapace di identificare gli obiettivi dopo la detonazione. Sono pertanto particolarmente inadatti all’utilizzo in aree urbane, dove è ragionevole pensare che siano presenti civili.

49. Sebbene la Missione non possa sostenere con certezza che le munizioni DIME (Dense inert metal explosive) siano state utilizzate dalle forze armate israeliane, essa ha di fatto ricevuto relazioni da parte di dottori palestinesi e stranieri operanti a Gaza durante le operazioni militari che riportavano un’alta percentuale di pazienti aventi ferite compatibili con gli effetti di questa arma. Le armi DIME e le armi dotate di metallo pesante al momento non sono proibite dalla legge internazionale, ma sollevano preoccupazioni specifiche legate alla salute. Infine, la Missione ha ricevuto dichiarazioni di accusa di utilizzo di uranio impoverito e non da parte dell’esercito israeliano a Gaza. Queste accuse non sono state investigate dalla Missione.

9. Attacchi alle fondamenta della vita civile a Gaza: distruzione di infrastrutture industriali, fabbriche alimentari, impianti idrici, e abitazioni

50. La Missione ha investigato diversi episodi in cui sono stati distrutti infrastrutture industriali, fabbriche alimentari, impianti idrici, sistema fognario e abitazioni (Capitolo XIII). Già all’inizio delle operazioni militari il mulino Al Bader era l’unico funzionante all’interno della Striscia. Il mulino è stato colpito da una serie di attacchi aerei il 9 gennaio 2009, dopo che diversi falsi allarmi erano stati lanciati nei giorni precedenti. La Missione ha riscontrato che la sua distruzione non aveva alcuna giustificazione militare. La natura degli attacchi, ed in particolare dell’attacco ai macchinari nevralgici della struttura, suggerisce che l’intenzione fosse quella di mettere fuori uso la fabbrica in termini di capacità produttiva. Dai dati raccolti, la Missione ha riscontrato che c’è stata una grave violazione delle clausole della Quarta Convenzione di Ginevra. La distruzione illegale ed eccessiva non giustificata da necessità militari rappresenta un crimine di guerra. La Missione ha inoltre riscontrato che la distruzione del mulino è stata effettuata con lo scopo di negare il sostentamento alla popolazione civile. Tale atto viola il diritto internazionale e può costituire un crimine di guerra. L’attacco al mulino costituisce anche la violazione delle clausole del diritto umano che concernono il diritto ad una fornitura sufficiente di cibo e dei mezzi di sostentamento.

51. L’industria alimentare per l’allevamento di polli del Sig. Sameh Sawafeary situata nel quartiere Zeitoun a sud di Gaza City forniva più del 10% del mercato di uova. Bolldozer corazzati dell’esercito israeliano hanno sistematicamente raso al suolo le stie per polli, uccidendo i 31.000 polli al loro interno, ed hanno distrutto piante e materiali necessari alla produzione. La Missione conclude che questo è stato un deliberato atto di distruzione non giustificato da alcuna necessità militare ed è giunta alle stesse conclusioni legali del caso della distruzione del mulino Al Bader.

52. L’esercito israeliano ha anche attaccato il muro di uno dei depositi di liquame del Gaza Waste Water Treatment Plant, causando la fuoriuscita di più di 200.000 metri cubici di liquame nelle terre agricole adiacenti. Le circostanze dell’attacco al deposito suggeriscono che sia stato deliberato e premeditato. Il complesso Namar Wells di Jabalya è dotato di due pozzi, sistema di pompaggio, generatore, deposito carburante, unità di serbatoio clorazione, edifici e attrezzatura correlata. Tutto è stato distrutto dai molteplici attacchi aerei durante il primo giorno dell’aggressione israeliana aerea. La Missione considera improbabile che un obiettivo grande quanto le Namar Wells possa essere stato colpito da attacco multiplo per sbaglio. Non ha trovato inoltre alcun motivo che potesse giustificare attraverso il vantaggio militare la distruzione del complesso, mai stato utilizzato in precedenza da gruppi armati palestinesi. Considerando che il diritto all’acqua è parte del diritto ad una alimentazione adeguata, la Missione trae le medesime conclusioni legali del caso del mulino Al Bader.

53. Durante la visita alla Striscia di Gaza, la Missione ha testimoniato l’estensione della distruzione di case residenziali provocata da attacchi aerei, bombardamenti di mortaio e artiglieria, missili e bulldozer. Apparentemente in alcuni casi i quartieri residenziali sono stati bersaglio di bombe aeree e soggetti ad attacchi intensivi con il fine di avvantaggiare le forze di terra israeliane. In altri casi i dati raccolti dalla Missione suggeriscono fortemente che la distruzione delle case sia stata eseguita senza che esistesse alcun legame con la lotta ai gruppi armati palestinesi o senza che comportasse alcun contributo all’azione militare. Combinando i risultati dell’inchiesta fatta sul luogo con le immagini di UNOSAT e con le testimonianze pubblicate dei soldati israeliani, la Missione conclude che, parallelamente alla distruzione di case dovuta ad una cosiddetta "necessità operazionale", le forze israeliane sono coinvolte in una distruzione sistematica di edifici civili messa in atto durante gli ultimi tre giorni della loro presenza a Gaza, seppur coscienti dell’immediato ritiro. La condotta dell’esercito israeliano ha perciò violato il principio di distinzione tra obiettivi civili ed obiettivi militari ed ha commesso la grave violazione di "distruzione estensiva….di proprietà, non giustificata da necessità militare e condotta illegalmente e promiscuamente". L’esercito israeliano ha inoltre violato il diritto ad una residenza adeguata delle famiglie colpite.

54. Gli attacchi ai complessi industriali, alle fabbriche alimentari e alle infrastrutture idriche oggetto di inchiesta della Missione sono parte di un più ampio disegno di distruzione, che include la distruzione dell’unico impianto per l’imballo del cemento di Gaza (l’impianto Atta Abu Jubbah), la fabbrica di conglomerato, altre aziende alimentari per l’allevamento di polli e la fabbrica Al Wadia produttrice di cibo e bevande. Le prove raccolte dalla Missione indicano che c’è stata una deliberate e sistematica politica da parte delle forze armate israeliane atta a colpire zone industriali e impianti idrici.

10. Uso dei civili palestinesi come scudo umano

55. La Missione ha investigato quattro casi in cui l’esercito israeliano ha costretto con la pistola puntata uomini civili palestinesi a prendere parte ad incursioni nelle abitazioni durante le operazioni militari (Capitolo XIV). Gli uomini palestinesi sono stati bendati ed ammanettati per essere poi forzati ad entrare nelle case prima dei soldati israeliani. In uno dei casi analizzati, i soldati israeliani hanno ripetutamente obbligato un uomo ad entrare in una casa dove erano nascosti combattenti palestinesi. Testimonianze pubblicate di soldati israeliani che hanno preso parte alle operazioni militari confermano il ripetuto uso di questa pratica, utilizzata nonostante i chiari ordini impartiti dall’Alta Corte israeliana alle forze armate di interrompere tale attività e nonostante le continue rassicurazioni pubbliche rilasciate dalle forze armate secondo cui questa pratica era stata bloccata. La Missione conclude che questa pratica equivale ad utilizzare i palestinesi come scudo umano ed è pertanto proibita dal diritto umanitario internazionale. Essa mette a rischio il diritto alla vita dei civili in modo arbitrario e illegale e costituisce un trattamento crudele ed inumano. L’uso di scudi umani è anche un crimine di guerra. Gli uomini palestinesi usati come scudi umani sono stati interrogati sotto minaccia di morte o violenza al fine di ottenere informazioni riguardo Hamas, combattenti palestinesi e tunnel. Questo costituisce un’ ulteriore violazione del diritto umanitario internazionale.

11. Privazione della libertà: palestinesi di Gaza detenuti durante le operazioni militari israeliane dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009

56. Durante le operazioni militari le forze armate israeliane hanno radunato e detenuto un alto numero di civili all’interno di case e spazi aperti a Gaza oppure, come nel caso di molti uomini palestinesi, sono stati trasferiti in prigioni israeliane. Nei casi investigati dalla Missione le prove raccolte indicano che nessuno dei civili detenuti era in possesso di armi né rappresentava alcuna apparente minaccia per i soldati israeliani. Il Capitolo XV dell’inchiesta svolta si basa sulle interviste che la Missione ha realizzato con gli uomini palestinesi che sono stati detenuti, così come sulla revisione che la Missione ha fatto di altro materiale rilevante, includendo interviste ai parenti e dichiarazioni di altre vittime sottoposte alla Missione.

57. Dalle prove raccolte la Missione riscontra numerose violazioni del diritto umanitario internazionale e del diritto umano commesse nel contesto di suddette detenzioni. I civili, donne e bambini inclusi, sono stati detenuti in condizioni degradanti, privati di cibo, acqua e accesso a strutture sanitarie ed esposti alle intemperie di gennaio senza alcun riparo. Gli uomini sono stati ammanettati, bendati e continuamente fatti spogliare, a volte denudati, più volte durante la detenzione.

58. Nell’area Al Atatra a nord-ovest di Gaza le truppe israeliane hanno scavato buche di sabbia in cui uomini, donne e bambini palestinesi sono stati detenuti. Carri armati israeliani e artiglieria erano posizionati dentro le buche di sabbia e intorno a loro e sparavano da postazioni vicine ai detenuti.

59. Gli uomini palestinesi trasferiti in centri di detenzione in Israele sono stati costretti a condizioni degradanti di detenzione, interrogatori severi, pestaggi e altri abusi fisici e mentali. Alcuni di loro sono stati accusati di essere combattenti illegali. Quelli intervistati dalla Missione sono stati rilasciati dopo che le procedure contro di loro si sono apparentemente interrotte.

60. In aggiunta alla privazione arbitraria di libertà e alla violazione dei diritti processuali, i casi dei detenuti palestinesi evidenziano tratti comuni dell’interazione tra soldati israeliani e civili palestinesi già emerso chiaramente in altri casi analizzati in altri capitoli dell’inchiesta: abuso continuo e sistematico, oltraggio alla dignità personale, comportamenti umilianti e degradanti contrari ai principi fondamentali del diritto umanitario internazionale e del diritto umano. La Missione conclude che la condotta tenuta nei confronti di questi civili costituisce l’imposizione di una pena collettiva su quelle persone e ad essa aggiunge misure di intimidazione e terrore. Tali atti sono una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra e costituiscono un crimine di guerra.

12. Obiettivi e strategie delle operazioni militari israeliane a Gaza

61. La Missione ha riesaminato le informazioni disponibili circa la pianificazione delle operazioni militari a Gaza, la tecnologia militare avanzata a disposizione dell’esercito israeliano e la sua conoscenza del diritto umanitario internazionale (Capitolo XVI). In base ad informazioni ufficiali governative, le forze armate israeliane hanno un elaborato consiglio legale e sistema di training sul posto che è chiamato ad assicurare una debita conoscenza degli obblighi legali rilevanti e a supportare i comandanti riguardo le norme sul posto. Le forze armate israeliane dispongono di hardware molto sofisticati e sono leader sul mercato nella produzione di alcuni dei più avanzati dispositivi di tecnologia militare disponibili, UAVs inclusi. Sono dotati di altissima capacità di precisione in più opzioni di attacco, inclusi gli attacchi aerei e i lanci da terra. Tenendo in considerazione la capacità di pianificare, l’alta tecnologia a disposizione dei mezzi utilizzati per realizzare i piani e le dichiarazioni dell’esercito israeliano secondo cui praticamente non sono stati commessi errori, la Missione ritiene che quanto considerato nella sua inchiesta sia il risultato di decisioni politiche deliberatamente pianificate.

62. Le tattiche utilizzate dall’esercito israeliano nell’offensiva a Gaza fanno pensare a eventi precedenti, ultima la guerra in Libano del 2006. Il concetto della dottrina Dahiya è emerso successivamente, implicando l’applicazione di una forza sproporzionata e la provocazione di ingenti danni e la distruzione della proprietà civile e delle infrastrutture e la sofferenza della popolazione civile. In base al riesame delle prove raccolte sul campo che essa stessa ha testimoniato, la Missione conclude che ciò che era stato prescritto come la migliore strategia sembra coincidere esattamente con quanto è stato messo in pratica.

63. Nel quadro degli obiettivi militari israeliani che riguardano le operazioni a Gaza, il concetto di "infrastrutture a supporto di Hamas" è particolarmente preoccupante in quanto sembra trasformare popolazione e beni civili in obiettivi legittimi. Dichiarazioni di leader politici e militari rilasciate prima e durante le operazioni a Gaza indicano che il concetto che ha l’esercito israeliano di cosa sia necessario in una guerra contro Hamas, considera una distruzione sproporzionata ed il massimo sconvolgimento delle vite di tante persone un mezzo lecito per ottenere non solo una vittoria militare, ma anche politica.

64. Le dichiarazioni rilasciate dai leader israeliani secondo le quali la distruzione di beni civili sarebbe motivata da una risposta al lancio di razzi ("distruggere 100 case per ogni razzo lanciato"), indica la possibilità di ricorrere a rappresaglie. Secondo la Missione le rappresaglie contro i civili durante le ostilità armate sono contrarie al diritto umanitario internazionale.

13. L’impatto delle operazioni militari e del blocco della popolazione di Gaza e dei suoi diritti umani

65. La Missione ha esaminato l’impatto combinato delle operazioni militari, dell’assedio della popolazione di Gaza e il godimento dei diritti umani spettanti. L’economia, le opportunità di impiego e il sostentamento delle famiglie erano già severamente condizionate dal blocco nel momento in cui l’offensiva israeliana è iniziata. Forniture inadeguate di carburante per generare elettricità hanno avuto un impatto negativo sulla produzione industriale, sull’attività degli ospedali, sulla fornitura d’acqua alle case e sullo smaltimento dei rifiuti. Le restrizioni sulle importazioni e il divieto di qualsiasi esportazione da Gaza ha condizionato il settore industriale e la produzione agricola. Il tasso di disoccupazione e la percentuale della popolazione che vive al livello di povertà o al di sotto di esso stavano crescendo al momento dell’offensiva israeliana.

66. In questa situazione già precaria, le operazioni militari hanno distrutto una parte importante delle infrastrutture economiche. Dato che la maggior parte delle fabbriche sono state prese di mira e distrutte o danneggiate, la disoccupazione, la povertà e l’insicurezza alimentare sono drammaticamente cresciute. Durante le operazioni militari anche il settore agricolo ha sofferto in modo analogo a causa della distruzione dei terreni agricoli, dei pozzi d’acqua e delle barche da pesca. Il perpetrarsi dell’assedio impedisce la ricostruzione delle infrastrutture economiche distrutte.

67. A causa della distruzione delle serre e dei terreni agricoli, si prevede che l’insicurezza alimentare peggiori ulteriormente nonostante le maggiori quantità di cibo introdotte nella Striscia di Gaza dall’inizio delle operazioni. La dipendenza dall’assistenza alimentare cresce. I livelli di sottosviluppo e magrezza nei bambini e la diffusione dell’anemia sia nei bambini che nelle donne incinte erano preoccupanti già prima delle operazioni militari. Gli stenti causati dall’ampia distruzione di case (l’UNDP riporta un numero di case distrutte pari a 3.354 e di 11.112 danneggiate) e il conseguente spostamento di persone, colpisce particolarmente donne e bambini. Nel settore idrico/igienico, la distruzione di infrastrutture (come la distruzione del pozzo di Namar e l’attacco ai danni degli impianti di trattamento dell’acqua descritti nel capitolo XIII) ha aggravato la situazione preesistente. Già prima delle operazioni militari, l’80% dell’acqua fornita a Gaza non rispettava gli standard di acqua potabile dell’OMS. Lo scarico di acque nere non trattate o trattate solo parzialmente nel mare è un ulteriore rischio sanitario che le operazioni militari hanno aggravato.

68. Le operazioni militari e le vittime causate da esse hanno posto il fragile settore sanitario di Gaza in una situazione ancora più critica. Gli ospedali e le ambulanze sono stati presi di mira dagli attacchi israeliani. I pazienti con problemi sanitari cronici non hanno ricevute le cure in modo prioritario a causa del numero di pazienti che riportavano ferite mortali. I pazienti con ferite causate dal conflitto dovevano spesso essere dimessi il prima possibile per liberare i letti. L’impatto sanitario a lungo termine di queste dimissioni, così come le armi contenenti sostanze come tungsteno e fosforo bianco, rimangono motivo di preoccupazione. Il numero esatto di persone che riporterà disabilità permanenti è tuttora sconosciuto. La Missione prende atto che molte persone che hanno subito ferite traumatiche durante il conflitto, corrono ancora il rischio di riportare disabilità permanenti dovute a complicazioni o a riabilitazione e cure inadeguate.

69. Si prevede che il numero di individui che soffrono di problemi di salute mentale aumenti. La Missione ha esaminato un numero di incidenti in cui adulti e bambini sono stati testimoni dell’uccisione di famigliari e parenti. I medici del Programma di Salute Mentale della Comunità di Gaza hanno fornito informazioni alla Missione relativamente a disordini psicosomatici, a diffusi stati di alienazione della popolazione e di "stordimento" come risultato delle gravi perdite subite. Hanno riferito alla Missione che queste condizioni possono favorire l’aumento della facilità con cui viene usata la violenza ed anche l’estremismo. I medici inoltre, hanno comunicato alla Missione che il 20% dei bambini nella Striscia di Gaza soffre di Disordini da Stress Post Traumatico.

70. Le difficoltà di apprendimento dei bambini legate a motivi psicologici sono aggravate dall’impatto del blocco e delle operazioni militari sulle infrastrutture scolastiche. 280 scuole e asili sono stati distrutti in un periodo in cui le restrizioni sull’importazione di materiale edilizio vigenti non permettevano di ristrutturare gli edifici scolastici in condizioni precarie.

71. L’attenzione della Missione è stata attirata dalla particolare modalità in cui le donne sono state colpite dalle operazioni militari. I casi di donne intervistate dalla Missione a Gaza hanno drammaticamente illustrato il dolore provocato dal sentimento d’incapacità di fornire la sicurezza e le cure necessarie ai bambini. Il senso di responsabilità delle donne verso la casa e i bambini le forza spesso a nascondere la loro sofferenza, senza quindi la possibilità di far fronte alle loro necessità. Il numero di donne che incarna l’unica fonte di reddito della famiglia è cresciuto ma le loro opportunità’ di impiego rimangono drasticamente inferiori rispetto a quelle maschili. Le operazioni militari hanno incrementato la povertà e le potenzialità di conflitto interno alla famiglia e anche tra le donne vedove e i loro parenti acquisiti.

72. La Missione riconosce che la fornitura di beni umanitari, in particolare derrate alimentari, permessa nella Striscia di Gaza da Israele, è aumentata temporaneamente durante le operazioni militari. Il livello di beni permessi a Gaza prima delle operazioni, tuttavia, era insufficiente a soddisfare i bisogni della popolazione anche prima che scoppiassero le ostilità, ed è diminuito nuovamente al concludersi delle operazioni. Dai fatti accertati dalla Missione, essa crede che Israele abbia violato i suoi obblighi relativi al libero passaggio di tutte le forniture di medicinali e di materiale medico, cibo e vestiti (articolo 23 della Quarta Convenzione di Ginevra). La Missione ha inoltre rilevato che Israele ha violato obblighi specifici in qualità di Potere Occupante, come chiaramente illustrato nella Quarta Convenzione di Ginevra, come ad esempio l’obbligo a mantenere in attività centri medici e ospedalieri e fornire i servizi correlati nonché a concordare programmi di soccorso nel caso in cui i territori occupati non siano adeguatamente forniti.

73. La Missione ha inoltre concluso che la distruzione da parte delle forze armate israeliane di edifici residenziali privati, di pozzi, cisterne, terre agricole e serre è stata portata avanti con l’intento di privare la popolazione della Striscia di Gaza del proprio sostentamento. La Missione ha evidenziato che Israele ha violato il suo obbligo a rispettare il diritto della popolazione della Striscia ad avere un adeguato standard di vita, incluso l'accesso adeguato a cibo, acqua e case. La Missione inoltre, ha rilevato violazioni di specifiche disposizioni relative alla protezione dei diritti umani dei bambini, particolarmente di quelli che sono vittime di conflitti armati, ma anche di donne e disabili.

74. Le condizioni di vita a Gaza che risultano dalle azioni deliberate delle forze israeliane e dalle politiche dichiarate del Governo di Israele – come sono state presentate dai suoi autorizzati e legittimi rappresentanti – riguardo alla Striscia di Gaza – prima, durante e dopo le operazioni militari – vanno a indicare l’intenzione di infliggere punizioni collettive alla popolazione di Gaza in violazione del diritto umanitario internazionale.

75. Infine, la Missione ha considerato la possibilità che la serie di atti che hanno privato la popolazione della Striscia di Gaza dei suoi mezzi di sostentamento, lavoro, case e acqua, le azioni che negano la libertà di movimento e il diritto ad entrare e uscire dal proprio paese, le azioni che limitano l’accesso alle corti di giustizia e ai mezzi di ricorso legale, potrebbero essere considerate come persecuzione, un crimine contro l’umanità. Dai fatti a disposizione della Missione, essa crede che alcune delle azioni del Governo di Israele potrebbero giustificare l’indagine di una commissione di giustizia competente che indaghi in merito ai crimini contro l’umanità commessi.

14. La continua detenzione del soldato israeliano Gilad Shalit

76. La Missione rileva che la detenzione di Gilad Shalit, membro delle forze armate israeliane catturato nel 2006 da un gruppo armato palestinese, continua. Come reazione alla sua cattura, il Governo israeliano ha ordinato svariati attacchi contro le infrastrutture della Striscia di Gaza e gli uffici dell’Autorità Palestinese, e ha inoltre arrestato otto Ministri del Governo Palestinese e ventisei membri del Consiglio Legislativo Palestinese. La Missione ha ascoltato testimoni che indicano che durante le operazioni militari di dicembre 2008 – gennaio 2009, i palestinesi catturati sono stati interrogati dai soldati israeliani in merito alla località in cui si trovava Gilad Shalit. Il padre di Gilad Shalit, Noam Shalit, si è presentato di fronte alla Missione durante l’udienza pubblica tenutasi a Ginevra il 6 luglio 2009.

77. La Missione crede che, in quanto soldato che appartiene alle forze armate israeliane e che è stato fatto prigioniero durante un’incursione nemica in Israele, Gilad Shalit rientri nello status di prigioniero di guerra sancito dalla Terza Convenzione di Ginevra. In quanto tale, dovrebbe essere protetto, trattato umanamente e gli dovrebbe essere permessa la comunicazione con l’esterno secondo quanto stabilito dalla Convenzione. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa dovrebbe avere il diritto di visitarlo immediatamente. Inoltre, informazioni riguardanti le sue condizioni dovrebbero essere fornite alla sua famiglia in modo tempestivo.

78. La Missione esprime preoccupazione per le dichiarazioni rilasciate da diversi ufficiali israeliani, i quali hanno manifestato l’intenzione di mantenere il blocco della Striscia di Gaza fino al rilascio di Gilad Shalit. La Missione reputa che ciò costituirebbe una punizione collettiva della popolazione civile della Striscia di Gaza.

15. Violenza interna e presa di mira di affiliati di Fatah da parte dei servizi di sicurezza sotto il controllo delle autorità di Gaza

79. La Missione ha ottenuto informazioni riguardo alla violenza esercitata ai danni di oppositori politici da parte dei servizi di sicurezza che dipendono dalle autorità di Gaza. Queste informazioni includono l’uccisione di diversi residenti di Gaza tra l’inizio delle operazioni militari israeliane e il 27 febbraio 2009. Tra questi residenti si contano alcuni detenuti che si trovavano nella prigione al-Saraya il 28 dicembre, e che sono evasi in seguito all’attacco aereo israeliano. Non tutti coloro che sono stati uccisi una volta evasi erano membri di Fatah, detenuti per ragioni politiche, o accusati di collaborazione col nemico. Alcuni degli evasi erano stati condannati per gravi crimini, come traffico di droga e omicidio, ed erano stati condannati a morte. La Missione è stata informata che a molti membri di Fatah è stata negata la libertà di movimento o sono stati posti agli arresti domiciliari durante le operazioni militari di Israele a Gaza. Secondo le autorità di Gaza, gli arresti sono stati effettuati solo al termine delle operazioni militari israeliane e solo in relazione ad atti criminosi o per poter ristabilire l’ordine pubblico.

80. La Missione ha raccolto informazioni di prima mano riguardo a cinque casi di membri di Fatah detenuti, uccisi o sottoposti ad abusi fisici da parte di membri delle forze di sicurezza o di gruppi armati a Gaza. Nella maggior parte dei casi, le persone sequestrate dalla propria casa o detenute con altre modalità secondo le informazioni raccolte, non erano state accusate di reati connessi a specifici incidenti, ma prese di mira a causa della loro appartenenza politica. Nel caso di accuse mosse a loro carico, esse risultavano sempre legate ad attività politiche sospette. Le dichiarazioni dei testimoni e i rapporti forniti da organizzazioni di diritti umani locali e internazionali, mostrano similarità sorprendenti e indicano che questi attacchi non sono stati compiuti in modo casuale ma facevano parte di un piano di violenza diffusa diretto principalmente a danneggiare i membri o i sostenitori di Fatah. La Missione crede che tali azioni costituiscano gravi violazioni dei diritti umani e non siano in accordo con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e nemmeno con la Basic Law palestinese.

I Territori Occupati Palestinesi: Cisgiordania e Gerusalemme Est

81. La Missione considera gli avvenimenti a Gaza e in Cisgiordania come strettamente correlati e li ha analizzato entrambi al fine di raggiungere un livello di comprensione che fosse suffragato da informazioni e per al fine di riportare i fatti, come descritto nel mandato della Missione.

82. Una conseguenza del rifiuto di Israele a cooperare è che alla Missione non è stato permesso di recarsi in Cisgiordania per investigare presunte violazioni del diritto internazionale in quel territorio. Tuttavia, la Missione ha ricevuto molti rapporti orali e scritti e altro materiale rilevante da istituzioni e organizzazioni per i diritti umani israeliane, palestinesi e internazionali. In aggiunta, la Missione ha incontrato rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani, membri della legislatura palestinese e alti esponenti della comunità. Ha sentito esperti, testimoni e vittime in udienze pubbliche, ha intervistato gli individui coinvolti, i testimoni e ha esaminato il materiale video e fotografico ricevuto.

16. Trattamento dei palestinesi da parte delle forze di sicurezza israeliane in Cisgiordania e l’uso eccessivo o letale della forza durante le manifestazioni

83. Diversi testimoni ed esperti hanno informato la Missione del netto incremento nell’uso della forza da parte delle forze di sicurezza israeliane contro i palestinesi in Cisgiordania a partire dall’inizio delle operazioni israeliane a Gaza (vedere Capitolo XIX). Molti dimostranti sono stati uccisi o feriti dalle forze israeliane durante le manifestazioni palestinesi, incluse quelle in supporto della popolazione di Gaza sotto attacco. Durante l’operazione a Gaza il livello di violenza impiegato in Cisgiordania non è calato, e nemmeno al termine della stessa.

84. La Missione esprime particolare preoccupazione riguardo alle accuse di uso eccessivo o letale della forza da parte delle forze di sicurezza israeliane, l’uso di munizioni cariche e le disposizioni delle forze armate israeliane di "aprire il fuoco" secondo regole differenti nei casi di disordini in cui erano presenti solo palestinesi o a cui partecipavano israeliani. Ciò fa sorgere serie preoccupazioni riguardo alle politiche discriminatorie verso i palestinesi. Testimoni oculari hanno anche riferito alla Missione che nel caso di controllo della folla è stato impiegato il fuoco di cecchini. I testimoni hanno riferito di un’atmosfera spiccatamente diversa incontrata nei casi di confronto coi soldati e la polizia di frontiera durante le manifestazioni in cui tutti i controlli e i freni erano stati rimossi. Molti testimoni hanno riferito alla Missione che durante le operazioni a Gaza l’atmosfera in Cisgiordania era di "libertà per tutti", dove tutto era permesso.

85. Non è soddisfacente il poco che fa l’autorità israeliana riguardo a investigare, accusare e punire la violenza, in certi casi omicidi, degli individui (coloni e membri delle forze di sicurezza) a danno dei palestinesi, se risulta in situazioni di impunità. La Missione ha concluso che Israele ha fallito nel rispettare i suoi obblighi di proteggere i palestinesi dalla violenza di singoli individui sia nel rispetto del diritto internazionale dei diritti umani che del diritto umanitario internazionale.

17. Detenzione di palestinesi nelle carceri israeliane

86. È stato stimato che dall’inizio dell’occupazione, circa 700,000 palestinesi – uomini, donne e bambini – siano stati detenuti in Israele. Secondo le stime aggiornate all’1 giugno 2009, ci sono circa 8,100 'prigionieri politici’ palestinesi detenuti in Israele, inclusi 60 donne e 390 bambini. La maggior parte di questi detenuti sono accusati o condannati dal Tribunale Militare israeliano che opera in Cisgiordania esclusivamente per i palestinesi, e in cui i diritti processuali previsti sono molto limitati per i palestinesi. Molti di loro sono trattenuti in detenzione amministrativa e altri secondo la legge israeliana sugli unlawful combatants.

87. La Missione si è concentrata su determinati aspetti relativi ai detenuti palestinesi, che reputa connessi alle operazioni militari israeliane Gaza di dicembre e gennaio o al loro contesto.

88. I procedimenti legali a partire dal ritiro di Israele da Gaza nel 2005, hanno evidenziato trattamenti differenziati per i detenuti di Gaza. Una legge del 2006 ha alterato le garanzie processuali ed è applicata solo ai sospetti palestinesi, la cui stragrande maggioranza proviene da Gaza (secondo fonti governative israeliane). Il Programma di visite familiari del Comitato Internazionale della Croce Rossa nella Striscia di Gaza è stato sospeso nel 2007, bloccando ogni via di comunicazione tra i prigionieri di Gaza e il mondo esterno.

89. Durante le operazioni militari israeliane a Gaza, il numero di bambini detenuti da Israele è aumentato rispetto allo stesso periodo del 2008. Secondo alcuni resoconti molti bambini sono stati arrestati in strada e/o durante le manifestazioni in Cisgiordania nel periodo delle operazioni a Gaza. Il numero di bambini detenuti ha continuato a essere alto nei mesi seguenti alla fine delle operazioni, così come le denunce di abusi da parte delle forze di sicurezza israeliane.

90. Una caratteristica delle pratiche di detenzione di palestinesi da parte di Israele, a partire dal 2005, è stato l’arresto di affiliati di Hamas. Qualche mese prima delle elezioni del Consiglio Legislativo Palestinese (PLC), Israele ha arrestato diverse persone che avevano preso parte a elezioni municipali o del PLC. In seguito alla cattura del soldato israeliano Gilad Shalit da parte di gruppi armati palestinesi, l’esercito israeliano ha arrestato 65 membri del PLC, sindaci e Ministri, per lo più membri di Hamas. Sono stati tutti detenuti per almeno due anni, in genere in condizioni inadeguate. Altri arresti di leader di Hamas sono stati effettuati durante le operazioni militari a Gaza. La detenzione di membri del PLC ha significato che tale organismo non ha potuto funzionare né esercitare le sue funzioni legislative e di supervisione dell’esecutivo palestinese.

91. La Missione ha concluso che tali pratiche hanno costituito violazioni dei diritti umani internazionali e del diritto umanitario, incluso il divieto di detenzione amministrativa, il diritto a uguale protezione in termini di legge e alla non discriminazione basata su credo politici e la speciale protezione a cui hanno diritto i bambini. La Missione ha inoltre sottolineato che la detenzione dei membri del PLC potrebbe equivalere a metodi di punizione collettiva contrari al diritto umanitario internazionale.

18. Restrizioni della libertà di movimento in Cisgiordania

92. Israele ha imposto in Cisgiordania un sistema di restrizioni di movimento per lungo tempo . Il mo


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