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La guerra privatizzata


...Ormai, gli Stati Uniti contano sulle imprese private per provvedere alla sicurezza di aeroporti e infrastrutture, della Green Zone di Baghdad e persino di alcune basi militari a corto di sentinelle. La frontiera tra le missioni difensive degli agenti privati e le operazioni offensive dei militari finisce per offuscarsi perché, di fronte agli insorti, i due gruppi talvolta si aiutano a vicenda. La Blackwater, che da sola impiega quasi un migliaio di persone in Iraq, ha dispiegato veicoli blindati, aerei e elicotteri. In effetti, queste imprese effettuano, in sub-appalto, un insieme di operazioni essenziali al funzionamento dell'esercito, operazioni che vanno dalle telecomunicazioni agli interrogatori di prigionieri...

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La guerra privatizzata

Yves Eudes, Le Monde, trad. it. Osservatorio Iraq

25 aprile 2007

Repubblica Ceca, novembre 2006. Il circolo del tiro a segno della piccola città di Jelen, situato in una foresta a un'ora da Praga, è chiuso al pubblico per qualche giorno. È stato preso in affitto dalla società britannica Ronin Concept, specializzata nella formazione di agenti di sicurezza armati e di "PSD" (Personal Security Detail, guardie del corpo) che operano in zone di conflitto. In una radura circondata di alte scarpate, quindici uomini di età compresa tra i 25 e i 50 anni si allenano all'uso delle armi e alla guida estrema, e cioè sotto il fuoco nemico. Le esercitazioni si svolgono con proiettili reali.

La formazione, del costo di 3.500 sterline (5.500 euro) e dalla durata di quattro settimane, è realizzata da John Geddes, proprietario della Ronin Concept ed ex ufficiale dei SAS, le truppe scelte dell'esercito britannico. Geddes, 52 anni, ha lasciato l'esercito dopo 23 anni movimentati, e si è immediatamente riciclato nel settore, in piena espansione, delle compagnie militari private. Prima di diventare formatore, ha effettuato vari soggiorni in Iraq come guardia armata, a protezione delle troupe televisive e degli uomini d'affari.

I corsi teorici si svolgono in Gran Bretagna, ma la legge britannica vieta ai civili l'utilizzo di armi automatiche. Per la parte finale dello stage, Geddes deve dunque trasferire i suoi allievi nella Repubblica Ceca, dove le regole in materia sono molto più elastiche. Oggi, stanno imparando come respingere l'attacco di un convoglio civetta che trasporta un VIP, uno scenario ispirato alla guerra in Iraq ma che si ritrova, con qualche variante, in diverse regioni del mondo. Appena viene scatenato il finto attacco, i corsisti contrattaccano seguendo la routine appresa: i tiratori saltano giù dalle auto e abbattono le sagome in compensato poste intorno alla radura, gli autisti manovrano in posizione difensiva, le guardie del corpo estraggono il loro cliente dal veicolo colpito e lo trasferiscono in un altro.

Se resta soltanto un veicolo funzionante, le guardie del corpo se ne impadroniscono per mettere al sicuro il cliente, abbandonando i tiratori che dovranno raggiungere la base coi propri mezzi: "É per questo che il lavoro è pagato così bene" spiega Geddes ridendo. I corsisti imparano velocemente, poiché sono tutti ex militari o poliziotti, agguerriti e disciplinati. Se ottengono il certificato rilasciato dalla Ronin Concept, mandano i loro curriculum alle centinaia di compagnie di sicurezza presenti su Internet. I quarantenni sperano in un contratto rischioso ma non troppo: la protezione dei pozzi di petrolio in Nigeria, oppure una miniera in America Latina. Il salario relativo verrà ad aggiungersi alla loro pensione.

Al contrario, i più giovani vogliono andare in Iraq o in Afghanistan. Lì saranno pagati meglio: dai 250 ai 600 dollari al giorno, in base al tipo di lavoro e al livello di rischio. Garreth Miller, 30 anni, ha molte possibilità di aggiudicarsi un buon contratto: ex soldato dell'esercito britannico, è stato due volte in Iraq, poi una volta in Afghanistan come esploratore distaccato presso l'esercito Usa. Ha appena lasciato l'esercito, dopo solo cinque anni: "Gli ufficiali hanno fatto di tutto per convincermi a rinnovare la ferma, ma le compagnie private offrono molto più soldi, una vita più confortevole, e maggiore libertà". Garreth potrà scegliere il paese dove andare a lavorare, e se volesse interrompere prima il contratto, gli basterà dare due settimane di preavviso.

Questa migrazione verso il settore privato è una tendenza diffusa: "Al momento della mia ultima missione in Iraq, eravamo in 40 nuove reclute nella nostra unità. Da allora, tutti hanno lasciato l'esercito, e 35 di loro lavorano adesso per compagnie militari private. Inoltre, qui è lo Stato a pagare per la mia formazione, nel quadro del reinserimento professionale". Garreth si dice pronto a ripartire dall'oggi a domani : "La mia fidanzata avrebbe preferito che restassi ancora un po' con lei, ma se voglio formare una famiglia e comprare una casa, mi basteranno pochi anni nel privato".

Lavorerebbe volentieri per le società americane che offrono i salari più alti.

Il suo compagno di squadra, Paul Palmer, 25 anni, massiccio, forte, tatuato, ha trascorso cinque anni nella polizia militare britannica. Non è andato in Iraq, ma lo desidera molto : "Ho lasciato l'esercito e sono andato a vivere dalla mia fidanzata a Cardiff. Ma un bel giorno, lei m'ha lasciato. Non sapevo più che fare. Tornare a Londra, da mia madre? Vergogna. In realtà, mi rendo conto di aver bisogno di una vita emozionante, amo troppo l'azione." Appena finito il corso, Paul Palmer è stato ingaggiato dalla società Control Risk Group (CRG). Adesso, lavora a Baghdad, in una squadra composta da inglesi, australiani e neo-zelandesi, incaricata della protezione di un diplomatico britannico, e guadagna 7.000 dollari (5.300 euro) al mese. Si tiene in contatto con il mondo attraverso Internet: "Abito nella cosiddetta Green Zone, ritenuta il posto più sicuro di Baghdad, ma in realtà vi avvengono rapimenti, e un soldato americano è stato ucciso due giorni fa (...) L'entrata del campo è sorvegliata da iracheni, ma ci è stato raccomandato di non fidarci, e anzi di tenerli d'occhio. Siamo perennemente armati, persino la notte dormiamo con i fucili carichi."

Il datore di lavoro di Paul Palmer, la CRG, è la maggiore compagnia di sicurezza privata britannica. Fondata trent'anni fa da tre ex SAS per aiutare le compagnie assicuratrici nei casi di rapimenti, propone oggi a imprese e governi tutta una gamma completa di servizi che vanno dalla protezione personale alla sicurezza informatica. Impiega oltre 700 persone, 300 delle quali nei suoi locali a Londra, e possiede 18 uffici ripartiti su tutti i continenti. Dal 2003, la CRG fornisce anche guardie del corpo armate.

Richard Fenning, il Direttore generale, ricorda il periodo folle dell'inizio della guerra in Iraq: "Subito dopo l'invasione, migliaia di stranieri sono arrivati per partecipare alla ricostruzione. L'insurrezione, però, si è presto ampliata, e loro si sono resi conto di aver bisogno di protezione, così si sono rivolti agli eserciti della coalizione. Ma gli ufficiali hanno rifiutato di fornir loro guardie del corpo: non avevano abbastanza uomini in servizio, e sapevano di non potersi aspettare rinforzi. Dopotutto, i soldati erano impegnati in una guerra che ufficialmente non esisteva. Così, le imprese hanno deciso di occuparsi da sole della propria sicurezza. Dall'oggi al domani, è nato un enorme mercato."

In seguito, i governi della coalizione si sono resi conto di non aver sufficienti soldati per provvedere nemmeno alla sicurezza dei propri diplomatici: "Sono stati costretti ha lanciare in modo discreto delle richieste d'offerta al settore privato" racconta Fenning. "É così che abbiamo ottenuto il contratto per la protezione dei membri del Foreign Office in Iraq e a Kabul. Si tratta di una vera rivoluzione delle usanze delle amministrazioni, che avrà conseguenze durature anche sulla conduzione delle prossime guerre".

Soltanto per lui, il Dipartimento di Stato americano ha stanziato la somma di un miliardo di dollari su cinque anni per la protezione del proprio personale e di alcuni pezzi grossi stranieri. Questa richiesta inconsueta ha immediatamente suscitato vocazioni. Ex militari e avventurieri hanno improvvisato piccole imprese e ingaggiato agenti in fretta e furia. Per ridurre il costo della mano d'opera, alcuni sono andati a cercare soldati in pensione in America Latina e nel sud-est asiatico. Qualche imprenditore ha fatto fortuna velocemente: da sola, l'americana Blackwater ha incassato dal governo federale oltre 570 milioni di dollari in cinque anni. La società concorrente, Triple Canopy, creata nel 2003 da tre persone, dopo tre anni era presente nella lista delle 100 maggiori aziende di Washington. Per un cliente privato, (imprenditore, giornalista), una squadra di protezione può costare fino a 6.500 dollari al giorno.

Ormai, gli Stati Uniti contano sulle imprese private per provvedere alla sicurezza di aeroporti e infrastrutture, della Green Zone di Baghdad e persino di alcune basi militari a corto di sentinelle. La frontiera tra le missioni difensive degli agenti privati e le operazioni offensive dei militari finisce per offuscarsi perché, di fronte agli insorti, i due gruppi talvolta si aiutano a vicenda. La Blackwater, che da sola impiega quasi un migliaio di persone in Iraq, ha dispiegato veicoli blindati, aerei e elicotteri.

In effetti, queste imprese effettuano, in sub-appalto, un insieme di operazioni essenziali al funzionamento dell'esercito, operazioni che vanno dalle telecomunicazioni agli interrogatori di prigionieri. Il Pentagono si è già adattato, inventando il concetto di "forza totale", che include i soldati in attività, i riservisti, i funzionari civili della difesa, e infine i privati, il cui ruolo potrebbe ancora accrescersi nel futuro. Alla fine del 2006, in Iraq si contavano oltre 180 compagnie di sicurezza, con circa 48.000 dipendenti, la maggior parte dei quali compiva missioni paramilitari. I britannici sono parecchie migliaia, quasi altrettanto numerosi quanto i soldati di Sua Maestà.

Altro vantaggio nell'impiego dei privati: il mondo sembra indifferente alla loro sorte. John Geddes, che tra due sedute di allenamento riflette sull'avvenire della sua professione, non si fa illusioni sull'atteggiamento dei governi nei suoi confronti: "Sanno esattamente cosa facciamo, ma se un giorno una delle nostre azioni dovesse finire male, direbbero che non ne erano a conoscenza. Quando rimangono uccisi dei soldati, i media ne parlano, l'opinione pubblica è turbata. Ma quando sono dei soldati privati ad essere uccisi, la cosa rimane più facilmente nell'ombra. E se la gente ne sente parlare, si dice che in fondo se la sono cercata, che combattevano solo per soldi". Stando alle statistiche pubblicate dal Ministero del Lavoro a Washington, almeno 770 agenti di sicurezza stranieri sono stati uccisi in Iraq tra il 2003 e il 2006, e quasi 7.800 sono rimasti feriti.

Ciò detto, l'Iraq rappresenta un'opportunità commerciale che non durerà in eterno. Paradossalmente, proprio l'escalation di violenza nel paese ha fatto crollare la richiesta per certi servizi, come le scorte armate: la ricostruzione è stata abbandonata, gli ufficiali stranieri riducono i loro spostamenti allo stretto necessario. La contrazione di questo segmento dl mercato ha avuto delle conseguenze sociali impreviste: al momento del rinnovo di alcuni contratti, la CRG ha dovuto abbassare le tariffe, e ha pertanto deciso di far ricadere il mancato guadagno sui dipendenti. Questi ultimi hanno protestato lanciando una serie di rivendicazioni e minacciando di scioperare in piena Baghdad, prima che si giungesse a un compromesso.

Per assicurarsi un avvenire, le compagnie di sicurezza tentano già ora di diversificare la clientela e i servizi offerti, adottando il modello aziendale delle società di sicurezza tradizionali. Sondano tutte le regioni a rischio, specie in Africa e in America Latina, tenendo conto che la nicchia più vantaggiosa è quella della consulenza presso gli alleati degli Stati Uniti. Per molte, sta per terminare il periodo eroico: attraverso il gioco delle fusioni e delle partecipazioni, sono state inglobate in gruppi industriali che da decenni vendono armi, equipaggiamenti e servizi all'esercito americano. Altre sono passate sotto il controllo di investitori finanziari.

Alcune operano al momento su territorio americano. Nel settembre del 2005, dopo il passaggio del ciclone Katrina, la Blackwater ha deciso, senza consultarsi con alcuno, di sostituirsi alla polizia locale, dimostratasi inadatta, inviando sul luogo dei commando armati per scacciare i saccheggiatori dalle strade di New Orleans. Questa iniziativa l'ha messa in grado, successivamente, di aggiudicarsi tutta una serie di contratti pubblici e privati. Inoltre, la Blackwater possiede negli Stati Uniti due campi di addestramento che accolgono anche unità dell'esercito regolare.

Per il futuro, John Geddes ritiene che il prossimo grande mercato sarà il mantenimento della pace sotto l'egida delle Nazioni Unite: "Le compagnie militari private rimpiazzeranno i caschi blu, è inevitabile visto che il sistema attuale non funziona più. Da una parte, i contingenti inviati dai paesi democratici sono invischiati in considerazioni politiche ed etiche che ne paralizzano i movimenti. Dall'altra, quando si chiede ai paesi in via di sviluppo di inviare dei contingenti, questi si guardano bene dal mandare le loro truppe migliori". Si è trovato spesso fianco a fianco dei caschi blu nel corso della sua lunga carriera, e afferma che, dovunque, tengono un comportamento deplorevole: "Noi saremo meno cari e più efficaci. Sono sicuro che un piccolo esercito ben equipaggiato potrebbe fermare rapidamente i massacri nel Darfur". Sul piano etico, i soldati privati non sono angioletti, ma non sono certo peggiori dei soldati di molti paesi: "Si elimineranno i cattivi, si terranno i buoni, cosa che un esercito regolare non può fare". E, fin tanto che i salari resteranno così alti, non ci sarà certo mancanza di mano d'opera.


(Traduzione di Giuseppina Vecchia – Traduttori per la Pace per Osservatorio Iraq)


articolo originale:
http://www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php
?articleid=4676


:: Article nr. s6331 sent on 26-apr-2007 19:27 ECT

www.uruknet.info?p=s6331

Link: www.osservatorioiraq.it/modules/wfsection/article.php?articleid=4677



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