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Notizie dall'Iraq occupato - 4 maggio 2007


* Iraq: Uccisi altri quattro soldati Usa a Baghdad

* Iraq: chiusa conferenza, impegno paesi vicini su sicurezza

* Iraq, Zebari: Incontro tra ambasciatori di Usa e Iran

* Iraq: per 40% soldati americani la tortura e' ammessa

* Iraq: Battaglia a Falluija tra insorti e truppe americane, 11 morti

* Stop alla violenza anticristiana, chiedono i Vescovi dell’Iraq al mondo

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Notizie dall'Iraq occupato - 4 maggio 2007

Agenzie

Iraq: Uccisi altri quattro soldati Usa a Baghdad

Gli insorti iracheni hanno ucciso altri quattro soldati statunitensi in agguati a Baghdad e a ovest della capitale. Lo ha annunciato l'esercito Usa.

Cinque poliziotti iracheni in servizio di pattuglia sono stati uccisi questa mattina dall'esplosione di una bomba a Baghdad, nel quartiere sudoccidentale di Amil, teatro di frequenti scontri tra sunniti e sciiti. Il ministero della Difesa ha riferito anche della morte di due dipendenti di una stazione radiofonica privata della capitale attaccata ieri dai una decina di ribelli.

L'emittente, 'Radio Dijla', ha dovuto sospendere le trasmissioni perche' le apparecchiature sono state danneggiate. E'l'ultimo in ordine di tempo di una serie di attacchi all'informazione locale. Proseguono intanto le operazioni anti-terrorismo a Baghdad. Unita' statunitensi hanno arrestato a Sadr City, popoloso quartiere sciita, altri sedici iracheni sospettati di contrabbandare ordigni esplosivi dall'Iran.





Iraq: chiusa conferenza, impegno paesi vicini su sicurezza

SHARM EL SHEIKH - La conferenza internazionale sull'Iraq si è chiusa dopo due giorni a Sharm el Sheikh, in Egitto, con un impegno dei Paesi vicini di aiutare il governo di Baghdad a ritrovare la stabilità.

Il comunicato finale della riunione di oggi - alla quale hanno partecipato i ministri dei Paesi confinanti con l'Iraq, più quelli del G8 e dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, la Lega araba e l'Organizzazione per la Conferenza islamica - afferma in 19 punti il comune impegno "a combattere tutti gli atti di terrorismo in tutte le forme... a impedire il transito di terroristi e armi verso e dall'Iraq ... e a rafforzare la cooperazione tra Iraq e Paesi vicini per controllare i confini".

Il documento sottolinea l'impegno a rispettare il principio di non ingerenza e ad aiutare l'Iraq per accelerare la formazione delle sue forze armate per "preparare il terreno alla fine del mandato delle forze multinazionali". I partecipanti, fra cui Siria e Iran, hanno dibattuto a lungo sull'opportunità di inserire un calendario per il ritiro delle truppe americane, ha detto il ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit a una conferenza stampa, ma nella dichiarazione finale la questione resta legata alla preparazione delle truppe irachene.

La conferenza, considerata un "grande passo avanti" da molti dei partecipanti, ha stabilito anche la creazione di gruppi di lavoro, sul controllo dei confini, sui profughi e sull'energia. La prossima riunione si terrà a Istanbul.




Iraq, Zebari: Incontro tra ambasciatori di Usa e Iran

Sharm el Sheikh, 4 maggio 2007 - Esperti iraniani e americani si sono incontrati oggi a Sharm el Sheikh, in Egitto, a margine della Conferenza internazionale sull'Iraq. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri iracheno Hoshyar Zebari, commentando che si tratta di un "segnale positivo".

"Non so cosa sia successo durante quell'incontro, ma credo sia stato positivo", ha commentato Zebari, precisando che l'incontro è avvenuto a livello di "ambasciatori", e non di esperti come in un primo tempo riferito, e che non vi hanno tuttavia preso parte i ministri dei rispettivi Paesi, il Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, e il ministro iraniano degli Affari Esteri Manucher Mottaki.

Sul calendario per il ritiro delle truppe Usa dall'Iraq, Zebari ha spiegato che "l'eventuale ritiro viene deciso dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, perciò il comunicato finale del vertice di Sharm non ha affrontato" la questione.

Fonte: Apcom - Adnkronos




Iraq: per 40% soldati americani la tortura e' ammessa

WASHINGTON - Quasi un soldato americano su due di quelli impegnati in Iraq ritengono che la tortura sia legittima, e che dovrebbe essere autorizzata nel caso in cui essa permetta di ottenere informazioni necessarie per salvare vite umane. Lo rivela un'inchiesta di specialisti medici dell' esercito americano anonima condotta tra l'agosto e l'ottobre del 2006 tra 1.300 soldati e 450 marines impegnati in Iraq. Il sondaggio - reso noto - rivela anche che il 40% dei soldati è favorevole alla tortura se porta a salvare la vita di un altro soldato americano.





Iraq: Battaglia a Falluija tra insorti e truppe americane, 11 morti

Almeno undici persone, tra cui sei ribelli, sono morte in una battaglia tra gli insorti e le truppe americane e irachene presso Falluja. Lo hanno fatto sapere i marines statunitensi.

Mottaki ha accusato di nuovo gli Usa di aver ''fallito'' sia in Iraq che in Afghanistan. A Baghdad, pero', si continua a morire. Oggi hanno perso la vita cinque poliziotti iracheni e cinque soldati americani in diversi attentati. La normalizzazione, a quattro anni dall'invasione, sembra lontanissima.




"Stop" alla violenza anticristiana, chiedono i Vescovi dell’Iraq al mondo

In una lettera alla Conferenza Internazionale di Sharm el Sheik (Egitto)


KIRKUK, venerdì, 4 maggio 2007 (ZENIT.org).- Intervento urgente per difendere la vita degli Iracheni, tra cui i cristiani: è l’appello che i Vescovi caldei del nord dell’Iraq hanno lanciato alla comunità internazionale.

Per questo hanno inviato una lettera alla Conferenza Internazionale celebrata giovedì e venerdì a Sharm el Sheik (Egitto), che ha accolto mezzo centinaio di Ministri degli Esteri e rappresentanti di organizzazioni per approvare un piano di sviluppo economico e sicurezza per l’Iraq.

Il Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), attraverso la sua agenzia "AsiaNews.it", si è incaricato di diffondere questo venerdì il messaggio, il cui testo originale in arabo è stato inviato dai presuli anche ai media iracheni, al fine di promuovere la riconciliazione nazionale.

In questi ultimi quattro anni "minacce, rapine, emigrazione forzata, attentati e uccisioni" caratterizzano la sofferenza del "nostro popolo iracheno" – denunciano i presuli – che affronta il bilancio di "migliaia di morti innocenti e la distruzione totale", "una follia per la ragione umana".

"Intervenire in modo efficace e immediato per proteggere la vita degli iracheni innocenti, le loro proprietà, i loro diritti e la loro libertà personale": è ciò che chiedono i Vescovi cattolici caldei del nord dell’Iraq alla Conferenza Internazionale in Egitto, alle forze della coalizione e ai politici in Iraq.

"Preghiamo anche tutte le autorità religiose di far sentire la propria voce a difesa della salvezza del nostro Paese e dei suoi figli e figlie", perché la perdita del suo tessuto sociale rappresenterebbe "una disastrosa distruzione della sua antica civiltà, cultura e religione".

"In particolare chiediamo di fermare tutte le minacce, le rapine, l'emigrazione forzata dirette al nostro popolo cristiano e affermiamo con insistenza che i cristiani sono autentici iracheni, una delle componenti più antiche di questo popolo", affermano.

"I cristiani – ricordano – hanno sempre cercato di integrarsi attivamente con tutti i loro fratelli arabi, curdi, turcomanni, sciiti, sunniti, yezidi, nella vita sociale e hanno avuto un ruolo importantissimo nella costruzione dei valori storici e nazionali, contribuendo in modo decisivo col loro stile di vita pacifico al destino dell'Iraq".

Firmano la lettera monsignor Paulos Faraj Rahho (Mosul), monsignor Petros Harboli (Zaku), monsignor Rabban al-Qas (Amadiyah ed Erbil), monsignor Mikhael Maqdassi (Alquoch) e monsignor Louis Sako (Kirkuk).

"Confermiamo anche il rapporto essenziale tra Cristianesimo ed Islam, che come religioni monoteistiche cercano con il loro insegnamento di diffondere la Carità, il Bene e la Pace", sottolineano.

"Fratelli, basta con violenze, minacce, attentati e uccisioni! Lasciateci lavorare insieme, mano nella mano, per realizzare l'Unità, la Sicurezza e la Prosperità del nostro Paese, l'Iraq", concludono.




Iraq, Sharm el Sheikh: pochi impegni su cancellazione debito

Sharm el Sheikh, 3 maggio 2007 – Malgrado alcune dichiarazioni ottimistiche, l'assenza di impegni importanti sul fronte della cancellazione del debito iracheno è stato uno dei punti deludenti della prima giornata della conferenza internazionale sull'Iraq in corso a Sharm el Sheikh, in Egitto.

L'Arabia Saudita ha detto che sta ancora negoziando con l'Iraq in merito ai miliardi di dollari dovuti da Baghdad, e altri Paesi che vantano crediti notevoli, come il Kuwait e la Russia, non hanno offerto una cancellazione immediata del debito – uno degli obiettivi principali del piano di stabilizzazione dell'Iraq lanciato oggi.

Secondo alcuni, si tratta di un segnale del fatto che diversi Paesi, in particolare quelli arabi sunniti, stanno ancora tenendo le distanze dal governo di Baghdad dominato dagli sciiti.

Anche se i Paesi creditori del Club di Parigi nel novembre 2004 hanno acconsentito a cancellare gradualmente l'80% del debito dovutogli dall'Iraq, la somma che resta da pagare è ancora enorme.

Il ministro delle Finanze iracheno, Bayan Jabr, parla di circa 50 miliardi di dollari, ma i numeri variano, e in alcuni casi sono ancora oggetto di contenzioso – con alcune stime che arrivano a 62 miliardi.

Il premier iracheno Nuri al-Maliki aveva aperto la conferenza esortando "tutti i nostri amici ... a condonare il nostro debito e permetterci di lanciare la nostra ricostruzione e il nostro sviluppo".

Ma il ministro degli Esteri dell'Arabia Saudita - uno dei maggiori creditori - non ha preso alcun impegno pubblico immediato. Saud al-Faisal ha detto soltanto che il suo Paese è in trattative con l'Iraq "per trovare una soluzione appropriata ai debiti in linea con le regole del Club di Parigi", che prevedono appunto la cancellazione di almeno l'80% del debito iracheno.

Prima della conferenza, al-Faisal aveva confermato che Ryadh avrebbe condonato l'80 % del debito dell'Iraq, sollevando aspettative di un annuncio ufficiale oggi.

Secondo alcuni funzionari delle Nazioni Unite, il problema sta nel fatto che Arabia Saudita e Iraq non hanno mai tenuto una contabilità del debito, e non sono d'accordo sulla sua entità. Il ministro delle Finanze iracheno lo quantifica in 17 miliardi di dollari, mentre secondo le stime saudite esso sarebbe compreso tra i 15 e i 18 miliardi.

Il Kuwait vanta un credito di 15 miliardi di dollari, ma il suo Parlamento sta rifiutando di prendere in considerazione qualunque alleggerimento del debito all'Iraq - e il suo vice Primo Ministro non ha fatto parola della cosa. Non si è parlato nemmeno di cancellare i 13 miliardi di dollari che l'Iraq deve alla Russia.

Il ministro degli Esteri cinese, Yang Jiechi, il cui Paese ha un credito di 8 miliardi di dollari, ha detto che Pechino "è pronta a ridure sostanzialmente e a condonare i debiti dovuti dall'Iraq", e condonerà tutti i debiti governativi, ma non ha fornito cifre.

La Bulgaria, a cui l'Iraq deve 4 miliardi di dollari, ha detto che sta finalizzando "colloqui tecnici" con Baghdad, e poi prenderà in considerazione una "soluzione realistica".

Fonte: Associated Press




Iran-Usa: Rice; nucleare, se Teheran cambia pronti trattare

SHARM EL SHEIKH - Se l'Iran ferma l'arricchimento dell'uranio, come chiede la comunità internazionale, gli Stati Uniti sono pronti "a cambiare il corso di una politica di 27 anni e a trattare con loro su numerose questioni". Lo ha detto il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, ad una conferenza stampa a Sharm el Sheikh, in Egitto.

La Rice, che ha partecipato con Siria e Iran, alla conferenza internazionale sull'Iraq, ha risposto alle accuse fatte dal ministro degli Esteri iraniano Manushehr Mottaki di fomentare il terrorismo con la presenza di truppe in Iraq, esortando Teheran a bloccare il flusso di combattenti. "Ognuno è libero di dire quello che vuole", ha aggiunto la Rice, ma i fatti sono che le truppe americane sono in Iraq su invito del governo di Baghdad e in base a una risoluzione delle Nazioni Unite.





Iraq: Bomba a Baghdad uccide 5 poliziotti

Cinque poliziotti iracheni in servizio di pattuglia sono stati uccisi questa mattina dall’esplosione di una bomba a Baghdad, nel quartiere sudoccidentale di Amil, teatro di frequenti scontri tra sunniti e sciiti.

Il ministero della Difesa ha riferito anche della morte di due dipendenti di una stazione radiofonica privata della capitale attaccata ieri dai una decina di ribelli. L’emittente, 'Radio Dijla’, ha dovuto sospendere le trasmissioni perché le apparecchiature sono state danneggiate. Èl’ultimo in ordine di tempo di una serie di attacchi all’informazione locale. Proseguono intanto le operazioni anti-terrorismo a Baghdad. Unità statunitensi hanno arrestato a Sadr City, popoloso quartiere sciita, altri sedici iracheni sospettati di contrabbandare ordigni esplosivi dall’Iran.






Iraq: Usa avvicinano la Siria

"La Siria dice di avere interesse a stabilizzare l’Iraq", dichiara la Rice dopo l’incontro con il ministro degli Esteri siriano, Walid al Mouallem, nel corso del summit di Sharm el Sheik, "ma adesso vedremo se le loro azioni confermeranno le parole che ci hanno detto".

Il Segretario di Stato si riferisce alla promessa rinnovata di bloccare il fiume di armi e di guerriglieri, interrompendo il sostegno neppure tanto segreto che il governo siriano ha concesso in questi anni ai ribelli e ai guerriglieri baathisti in Iraq.

Con il ministro degli Esteri iraniano, Manoucher Mottaki, solo sguardi e sorrisi imbarazzati durante il pranzo, qualche cortesia ma non c’è stata la stretta di mano. Un funzionario del Dipartimento di Stato ha precisato che "se la Rice incrocia il ministro iraniano in un corridoio sicuramente gli tenderà la mano", ma un giornalista gli ha obiettato che "che gli iraniani non stringono la mano alle donne".








Iraq, pressioni Usa contro sospensione estiva lavori parlamentari

Washington, 4 maggio 2007 – Gli Stati Uniti hanno esortato oggi il Parlamento iracheno affinché riconsideri i propri piani per una chiusura estiva di due mesi, ammonendo che questo invia "il segnale sbagliato" agli iracheni e al mondo.

Lo ha riferito – alla Casa Bianca - il portavoce per la sicurezza nazionale, Gordon Johndroe, precisando che l'ambasciatore Usa in Iraq, Ryan Crocker, ha sollevato le obiezioni di Washington con il Primo Ministro iracheno Nuri al-Maliki.

"Funzionari Usa, compreso l'ambasciatore Crocker, hanno detto che questo può inviare il segnale sbagliato, non solo alla comunità internazionale, ma al popolo iracheno", ha detto Johndroe ai giornalisti.

I parlamentari Usa avevano aspramente criticato l'eventualità che i loro omologhi iracheni potessero prendere due mesi di vacanza quest'estate, facendo notare che molte delle leggi importanti che stanno a cuore a Washington devono essere ancora approvate.

Crocker, parlando ai margini della conferenza internazionale sull'Iraq, in corso a Sharm el-Sheikh, in Egitto, ha detto di aver sollevato le obiezioni di Washington con il premier Maliki, che si è detto d'accordo.

"L'atteggiamento del Primo Ministro quando ne abbiamo parlato è stato che non dovrebbero essere due mesi, non dovrebbe essere un mese, non dovrebbe essere una settimana—forse un weekend", ha detto Crocker ai giornalisti.

Crocker ha descritto le obiezioni mosse negli Usa: "Com'è possibile andar via per l'estate quando ci sono soldati sia iracheni che americani che stanno combattendo e morendo" per dare ai parlamentari iracheni la possibilità di creare un consenso su leggi di importanza decisiva?

"Adesso, cosa succederà, alla fine? Beh, nel nuovo Iraq, l'amministrazione Maliki non può ordinare al Parlamento, l'organo legislativo, di rimanere in seduta, se questo non vuole. Chiaramente, tutti speriamo e ci aspettiamo che faranno la cosa responsabile", ha commentato il diplomatico statunitense.

Fonte: Agence France Presse




Iraq, guerra immorale, spot di Oliver Stone

Washington, 4 maggio 2007 - Uno spot televisivo girato dal regista Oliver Stone, autore di classici film sulla guerra del Vietnam, invoca il ritiro dalla guerra in Iraq definendo "immorale" la presenza dei soldati Usa. Il breve filmato, poco più di 30 secondi, ha un formato molto semplice: mostra un soldato americano, John Bruhns, inviato in Iraq nel 2003, parlare direttamente alla videocamera.

"Ci era stato detto di liberare questa gente", afferma il sergente, "Ci hanno sparato contro. Tenere i soldati americani in Iraq a tempo indefinito, esposti agli attacchi di un nemico che non può essere identificato, è sbagliato, immorale, e irresponsabile".

Il filmato, commissionato da un gruppo Democratico e da una associazione di veterani di guerra, si avvale anche della voce di Ron Kovic, il soldato Usa impersonato da Tom Cruise nel film 'Nato il 4 luglio'.

"Sostenete le nostre truppe", dice la voce di Kovic al termine del filmato, "Fatele tornare a casa".

Stone ha detto che vi sono paralleli evidenti fra la guerra del Vietnam e quella ora in corso in Iraq.

"Ho girato tre film sul Vietnam e pensavo che tutto questo fosse ormai alle nostre spalle", ha detto il regista. "Ma sembra di assistere a un cattivo remake di un film già visto 40 anni fa. L'America deve ascoltare i suoi soldati".

Fonte: SwissInfo




Violenze sessuali sotto le armi. Un altro aspetto del PTSD

Con 'Disturbo Post Traumatico da Stress' (Post Traumatic Stress Disorder o PTSD), si indicano l'insieme di conseguenze che eventi particolarmente traumatici possono avere sulla psiche di un individuo che ne e' esposto, per un periodo piu' o meno prolungato. E' chiamata anche "nevrosi da guerra" perche' riscontrata con una frequenza particolarmente elevata tra i reduci dal campo di battaglia, che una volta rientrati a casa manifestano segni di depressione, ansia, allucinazioni, spesso permanenti.

Sino a questo momento si tendeva ad attribuire genericamente i casi di PTSD diagnosticati nei soldati al trauma del combattimento. Solo ultimamente sta venendo alla luce un nuovo aspetto del problema: la violenza sessuale compiuta nei confronti di soldatesse e soldati da parte di commilitoni come evento scatenante delle sofferenze psicologiche dei veterani.

La NBC News ha indigato sul problema ed e' riuscita ad entrare in un centro di recupero gestito dal Dipartimento dei Veterani in cui sono ospitate circa 300 donne con segni di PTSD, il 78% delle quale vittime di violenze sessuali subite mentre erano impegnate in operazioni militari.

Secondo dati del Pentagono il 14.55% delle soldatesse e lo 0.6% dei soldati reduci delle operazioni Enduring Freedom e della guerra in Iraq hanno segnalato di soffrire di trauma dovuto a violenza sessuale.

Sempre secondo il Pentagono le soldatesse vittime di violenza sessuale sono 4 volte piu a rischio di accusare sintomi di PTSD; i soldati 3 volte.

Antonello Musina


:: Article nr. s6411 sent on 05-may-2007 19:43 ECT

www.uruknet.info?p=s6411



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